lunedì 15 aprile 2013

Maduro, un presidente delegittimato per il Venezuela del dopo-Chávez.

FONTE: LIMES - Rivista geopolitica
LIMES OGGI - 15 APRILE 2013

di Niccolò Locatelli

Il candidato del governo supera Capriles per meno di 300 mila voti. Un risultato risicato, contestato dall'opposizione, che dimostra la scarsa appetibilità del chavismo senza Chávez.

 


Nicolás Maduro ha vinto le prime elezioni presidenziali del Venezuela post Hugo Chávez con il 50,7% dei voti, un risultato così risicato da mettere in dubbio la legittimità del processo elettorale e la legittimazione politica del vincitore, erede designato dello stesso Chávez.


Maduro, 50 anni, già autista di autobus, sindacalista e ministro degli Esteri, ha battuto il principale candidato dell’opposizione, Henrique Capriles Radonsky, con un margine di circa 234 mila voti: 7 milioni 500 mila contro 7 milioni 270 mila. Ha votato quasi l’80% degli aventi diritto.

Capriles non ha riconosciuto la sconfitta e ha chiesto il riconteggio integrale. Maduro non si oppone alla richiesta, mentre il Consiglio elettorale nazionale (Cne) venezuelano ha già dichiarato il risultato “irreversibile”.

La tranquillità del presidente eletto - che ha parlato di una vittoria “giusta, legale e costituzionale” - e il parere del Cne fanno pensare che il riconteggio, se ci sarà, non altererà il risultato finale. A quel punto bisognerà vedere come reagirà l’opposizione e come reagiranno le istituzioni (tutte saldamente in mano al blocco chavista) alla reazione dell’opposizione. Il paese si avvia verso una fase di tensione.

La risicata vittoria elettorale non è insomma una vittoria politica per Maduro: è invece la dimostrazione che il chavismo senza Chávez - soprattutto se rappresentato da un candidato anonimo e privo di carisma - non è tanto più appetibile dell’alternativa rappresentata da un’opposizione credibile. Il voto di domenica segnala (e non è la prima volta) la stanchezza dei venezuelani verso la rivoluzione bolivariana.

Nei suoi 14 anni al potere, Chávez ha cambiato il paese, mettendo le classi più povere al centro della sua azione politica e conquistandosi la loro devozione. Il modello ha funzionato fino a quando i prezzi record del petrolio permettevano di non preoccuparsi della spesa pubblica e fino a quando la rivoluzione non si è incancrenita.

Oggi in Venezuela non sono rari i black out, c’è scarsità di generi alimentari, l’inflazione è oltre il 20% e il deficit pubblico ha assunto dimensioni preoccupanti.

A corollario di una situazione economica non entusiasmante (anche se Caracas è cresciuta di oltre il 5% nel 2012) ci sono due fenomeni, la corruzione e la violenza, che ultimamente hanno assunto dimensioni preoccupanti, portando il Venezuela nelle posizioni di testa delle rispettive classifiche.

Affrontare questi problemi contribuirebbe senza dubbio ad accrescere la credibilità di Maduro, che d’altronde aveva inserito la lotta alla corruzione, alla violenza e all’inflazione nel suo programma elettorale.

Ma la corruzione è figlia di un sistema di potere di cui Maduro è il vertice, peraltro non pienamente legittimato dal risultato elettorale: difficile che il neopresidente possa essere davvero incisivo al riguardo. Più praticabile, anche se per nulla facile, risanare il bilancio pubblico e cercare di ridurre la violenza.

Maduro sarà inoltre chiamato a scelte decisive in politica estera: continuare a sostenere la rivoluzione bolivariana nel continente, malgrado i fondi per sussidiare gli alleati scarseggino, o proseguire nella ricerca del disgelo con gli Stati Uniti, autorizzato dallo stesso Hugo Chávez negli ultimi mesi della sua vita?

Considerazioni di carattere economico suggerirebbero di concentrarsi sulla politica interna, ma abbandonare la rivoluzione non sarebbe un’opzione facile per un presidente cresciuto anche ideologicamente all’ombra di Chávez e di Fidel Castro. Cuba osserverà le scelte in politica estera di Maduro con particolare interesse, essendo la principale beneficiaria della munificenza di Caracas.

A partire dagli accertamenti sulla regolarità del voto, il neopresidente venezuelano ha davanti a sè delle sfide immani in campo politico, economico e internazionale. Non è scontato che sia in grado di farvi fronte.

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